venerdì 23 febbraio 2018

LO STRISCIANTE INGANNO DI JAFAR

Articolo di Riccardo Sciarra -  Scrittore e Sceneggiatore                               

Disegno di Francesca Dea direttore e docente SchoolComix
Il film d’animazione Aladdin del 1992 ci introduce fin da subito in una «terra di fiabe e magie» con la canzone Notti d’Oriente, un mondo narrativo in cui «potresti bruciar di passione anche tu» ispirato al racconto Aladino e la lampada meravigliosa contenuto nella celebre raccolta Le mille e una notte. Trascinato da un bolso cammello sulla coda del brano, un venditore ambulante ha attraversato il deserto per poterci dare il benvenuto ad Agrabah, «città del mistero, città magica», e poi cercare di venderci a saldo un po’ di cianfrusaglie che porta sempre appresso. Fra tutta quella paccottiglia, però, c’è della «merce eccezionalmente rara» a cui sarebbe meglio dare un’occhiata più attenta: «non è una lampada come le altre», ci ammonisce il venditore, preoccupato di vederci andar via annoiati e scontenti, «pensate che una volta cambiò il destino di un giovane». Mmm, ora ha davvero la nostra attenzione... «Volete che vi racconti la sua storia?». Chi tace acconsente e la storia comincia.

«Comincia in una notte nera», ci dice suadente il venditore, creando il velo di stelle sul quale potremo sognare le vicende di Aladdin, «con un uomo in nero che attende con in mente un oscuro proposito». Eccolo, su una collina di sabbia, il villain della storia, il nemico da affrontare, fin da subito antagonista e motore degli eventi tanto quanto il protagonista. Da oscuro uomo nero con oscuri propositi che si rispetti, viene rappresentato in penombra e, quando viene raggiunto dal suo sgangherato sgherro, appare minaccioso e sovrasta sia lui che noi dall’altro del sua cavalcatura. «Sei in ritardo...», dice con voce melliflua e maligna, ammonendo il suo scagnozzo: non si arriva mai al momento giusto quando c’è di mezzo un villain, solo lui sa quando essere nel posto giusto al momento giusto. Gli oscuri propositi e i contorti piani di conquista di questo uomo in nero che si rivelerà essere Jafar, Gran Visir del Sultano, si esprimono anche attraverso la sua caratterizzazione grafica: pizzetto lungo e arzigogolato, occhi minacciosi e sguardo penetrante più di una lama di sciabola, dialoghi proferiti a denti strettissimi e mani dotate di dita affusolate come artigli.

Non è un caso se il suo “animale da compagnia” è un pappagallo dal fare sbrigativo e dalle veloci zampe voraci chiamato Iago, ovvio riferimento al famigerato tessitore di inganni dell’Otello shakespeariano. E appena un po’ di luce assiste i nostri occhi da spettatori, possiamo notare come il vestito di Jafar e le piume di Iago siano caratterizzate da un intenso colorito rosso, luciferino richiamo alla loro natura criminale. A proposito di occhi, infine, un altro paio di dettagli di questo villain richiama questo colore così passionale: i suoi stessi occhi e gli occhi del suo infido bastone a forma di cobra. La vera natura di Jafar si manifesterà chiaramente alla fine della pellicola, quando, all’apice della sua arroganza e spudoratezza, non esiterà a rivelarsi per il viscido rettile che in realtà è sempre stato.

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