Racconto di Riccardo Sciarra - Scrittore e sceneggiatore
Era arrivato il biondo tramonto dorato e il padre ancora stava lì a zappare tra gli ulivi. Scavava solo il terreno per fondare una buca, con un sacco di iuta vicino a fargli da unico compagno. Non c’era più tempo, il cielo di un blu celestino si stava ormai tingendo per far spazio alla notte scura. Si avvicinava con passo furtivo, il figlio, stando attento a non calpestare i rametti, a nascondersi dietro alle foglie. Lo scrutava da lontano, senza farsi scoprire, all’oscuro di tutto. Il padre continuava ad agitare la terra. Il piccolo muoveva ancora qualche passo curioso in direzione della figura paterna e TRAC, inciampava a faccia in giù sui resti dell’aratro di famiglia. Il vecchio smise subito, cadde la zappa e si voltò sorpreso di scatto, mentre il giovane tentava in tutti i modi di fare meno rumore possibile per andarsene, ma quella macchina metallica gridava TLING, CLANG, SDLONG in tutte le direzioni. Aiutato dal padre, riuscì finalmente a liberarsi dall’abbraccio di quell’antico aggeggio arrugginito. E insanguinato. Le lame erano tinte di un rosso vermiglio non loro. Le mani del padre erano però già sporche dello stesso fluido scarlatto. Il figlio stranito corse via rincorso dal padre che non gli riusciva a star dietro. Raggiunse quindi il sacco e l’aprì senza pensarci. Guardò dentro e c’era il suo dolce piccolo gatto morto sventrato. Gli occhi del figlio chiesero spiegazioni al padre con la lingua delle lacrime. Il padre rispondeva con gli urli e gli strilli, ma solo quando parlarono lo stesso dialetto riuscirono a capirsi davvero. Così glielo disse sincero, da padre a figlio. Il gatto era morto al mattino travolto dai coltelli dell’aratro trascinato dal padre incosciente. Non voleva, ma l’ha fatto. Al pomeriggio non sapeva che fare, quel padre attanagliato dalla vergogna e dal dubbio. Per non deludere il figlio, sceglieva di mentire, che il gatto era sparito, che forse sarebbe tornato. Alla sera stava scavando una buca per seppellire il corpo e la colpa. Ma una menzogna al figlio non stava bene. Così glielo disse sincero, da figlio a padre. Si abbracciarono a lungo. Forse capirono entrambi. Perché un padre non copre gli errori. Perché un padre ti insegna a sbagliare.
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